Thursday, January 26, 2006

Il Cacciatore di Nazisti

Simon Wiesenthal è un simbolo, e l’uomo che ha speso tutta la sua vita per abbeverarsi al calice della giustizia, è l’uomo che ha braccato per tutto il mondo gli infami protagonisti della follia nazista, ma non per vendetta ripeto, ed è bene ribadirlo, ma per giustizia, per 6 milioni di Ebrei, per omossessuali, dissidenti politici, zingari, schiavizzati, seviziati, torturati, utilizzati quali cavie da laboratorio, spietatamente massacrati.

Simon Wiesenthal nasce il 31 dicembre del 1908 a Buczacz allora Polonia (oggi è territorio Ucraino), i suoi studi sono in architettura, professione da lui brevemente esercitata, fino all’invasione Nazista in Polonia del settembre 1939 e la spartizione come da accordo Hitler-Stalin della stessa nazione.
Simon Wiesenthal si trova a Leopoli caduta in zona d’influenza sovietica, si vede costretto ad abbandonare la professione di architetto per evitare quello che è valso per molti, la deportazione in Siberia.

Con l’operazione Barbarossa del 1941, e l’invasione delle truppe naziste in territorio sovietico, si ha il passaggio da carnefice a carnefice. Simon Wiesenthal peregrinerà da campo diconcentramento a campo di concentramento (ben 13), quando riuscirà per poco a fuggire e a vivere in clandestinità, verrà rintracciato, torturato ed internato.
Il 5 maggio 1945 le truppe alleate, entrano e liberano in campo di Matausen dov’è prigioniero lo stesso Wiesenthal, lo spettacolo che si presenta agli occhi degli alleati è agghiacciante, le prime cineprese possono documentare ciò che per molti era solo un sentito dire, la barbarie più oscena ed atroce.
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La sua prima cacccia riguarda Adolf Heichmann lo stratega della “soluzione finale” del problema ebraico, l’organizzatore dello sterminio di milioni di innocenti, ebrei, omosessuali, asociali, zingari, testimoni di geova, disabili, dissidenti politici.

Wiesenthal inizia la sua caccia all’assassino del quale non si aveva riscontro fotografico, con un lavoro straordinario, meticoloso, scopre nel 1959 che il mostro si trova in Argentina sotto falso nome (Ricardo Kleber) assieme alla moglie e lavora in una fabbrica d’auto.
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Grazie alla documentazione del cacciatore Wiesenthal, il 31 maggio 1961 Heichmann viene condannato a morte per impiccagione.
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Ad una trasposizione teatrale del libro Il Diario di Anna Frank, una forte contestazione di giovani fanatici neonazisti condusse Simon Wiesenthal ad indagare su chi fosse stata l’SS che nel 1944 arrestò la bambina e la famiglia, se avesse ritrovato la stessa, nessuno avrebbe potuto confutare il libro in questione.

Le prove a disposizione di Wiesenthal sono frammentarie e di una pochezza allarmante, ma il testardo cacciatore non demorde, nel 1963 l’uomo in questione viene individuato in un membro della polizia austriaca, tale Silberbauer il quale confesserà l’arresto della bambina e della sua famiglia.

Wiesenthal aveva fatto nuovamente colpo, aveva permesso alla verità di emergere, alla realtà delle cose di imporsi.

Wiesenthal ha permesso di rintracciare, arrestare, condannare 1100 criminali di guerra nazisti, suo unico cruccio è stato quello di non essere riuscito ad acciuffare il “Dott.morte” Mengele, lo spietato scienziato della morte, e della razza ariana fatta in laboratorio (i resti del cadavere presunto di Mengele saranno ritrovati in Brasile).

Simon Wiesenthal si spegne a Vienna il 20 settembre 2005, all’età di 96 anni, il cordoglio del mondo delle istituzioni, della comunità ebraica mondiale è unanime, Simon Wiesenthal riposerà in Israele.

Piccolo frammento di un intervista rilasciata nel 1990 da Simon Wiesenthal alla tv svizzera del cantone italiano.

"L'Olocausto lascia un segno indelebile per chi lo ha vissuto, non termina i suoi effetti nefasti con la Liberazione. Uno continua ad esserci dentro, non si riesce mai più a provare una vera gioia. Mi ricordo che una volta, a Los Angeles, il mio
amico Zubin Metha, il famoso direttore d'orchestra, mi invitò a un concerto. Suonò un giovane pianista, bravissimo, e suonò Rachmaninoff, il mio compositore preferito. Suonò in modo così meraviglioso che a un tratto, durante il concerto, il pubblico spontaneamente si alzò in piedi ad applaudirlo.

Anch'io feci come gli altri, ma poi mi risedetti. Non potevo continuare ad applaudire. Lo raccontai poi a Metha, che mi chiese: “Perché, cosa è successo, che cosa ti opprimeva?” Io risposi: ”Mi opprimeva il pensiero di quanti giovani talenti come lui, persone meravigliose, che potevano dare gioia all'umanità, sono stati sterminati, senza essersi resi colpevoli di nulla”. E questo mi ha offuscato la gioia: ho pensato a quelli che sono stati sterminati. Vede, nulla e nessuno può
guarire la mia anima ferita. Così è. C'è un proverbio che dice: “Tutto nella vita ha il suo prezzo, e io lo pago, e posso guardare in faccia a tutti. Questo è una specie di ricompensa.

(estratto dalla biografia di Giacomo Franciosi) www.cronologia.it

2 Comments:

At 27/1/06 4:16 pm, Blogger Black Paul said...

Dare e dedicare la propri vita per la giustizia.. non è cosa banale. Pochi sarebbero disposti, con i propri mezzi ,sia economici che intellettuali, a fare quanto ha fatto Il Caciatore.. per tutta la vita.

Da non scordare..

 
At 28/1/06 12:52 am, Blogger Union-Jack said...

a volte bisogna anche saper leggere tra le righe.[sono appena rincasato dopo aver visto MUNICH di S.Spielberg di cui domani vorrei scrivere di più e di cui vi consiglio la visione].

alla maturita' portai come materia storia e nello specifico la seconda guerra mondiale (anche perche' per la storia contemporanea quando si arriva a giugno non c'e' mai tempo e tutto necessariamente si ferma con l'accenno di quello che è stata la guerra fredda). lessi per mio sfizio "se questo è un uomo" di P.Levi e "giustizia e non vendetta" di S.Wiesenthal. i due racconti stanno agli antipodi; da un lato c'e' chi racconta quello che è stato subito mentre dall'altra parte della ricerca attiva della giustizia.

confesso con rammarico di avere un altro libro di Wiesenthal, "il girasole", comprato + di 5 anni fa e che non ho ancora letto.

come insegna MUNICH, anche le persone + integerrime possono a volte cadere vittima dei loro ideali, soprattutto quando non si sa in realta' chi c'e' a tirare i fili

 

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