Saturday, February 18, 2006

Notizie per i Navigatori

Tanto per rimanere in tema: una notizia fresca fresaca dalla capitale Roma. il PuntoInformatico riporta quanto segue, e a mio avviso c'è da preoccuparsi:
C'è preoccupazione in rete per il recepimento italiano approvato con un singolare iter d'urgenza dal Parlamento a Camere sciolte, un provvedimento che secondo gli esperti che lo stanno esaminando mette in mezzo i provider riducendo ulteriormente gli spazi di libertà degli utenti italiani. Pone al centro la protezione della proprietà intellettuale, questa l'accusa che viene formulata in queste ore, senza curarsi di come funziona la rete e, dunque, schiacciando ancora una volta sotto normative di parte le promesse di sviluppo offerte da Internet.

Tutto questo nasce dal recepimento della direttiva Frattini sulla proprietà intellettuale (2004/48), che nella versione italiana subisce però particolarissime modifiche che offrono ai detentori dei diritti di proprietà intellettuale la possibilità di muoversi con ancora maggiore dinamismo sugli abusi che ritengono vengano commessi in rete.

Il decreto legislativo con cui viene recepita la direttiva non definisce con esattezza una serie di concetti fondamentali, dall'equiparazione della proprietà industriale con la proprietà intellettuale alla definizione di "intermediario" per chi presta servizi a chi viola la proprietà intellettuale: una vaghezza che, come sempre nella storia normativa italiana, si traduce in una conseguente incertezza del diritto. Le conseguenze sono potenzialmente enormi.

Ad allertare sulla criticità della normativa era stato nei giorni scorsi il solo senatore dei Verdi Fiorello Cortiana, con una denuncia che viene ora rilanciata da ALCEI, l'associazione italiana che si batte per le libertà digitali. Secondo ALCEI il recepimento italiano è stato manipolato affinché le norme, pur non esplicitamente rivolte alla rete, siano applicabili a provider ed utenti. I primi, infatti, saranno costretti a "immolare" i propri abbonati, per dirla con le parole di ALCEI, per non subire pesanti richieste di risarcimento.

La manipolazione, secondo ALCEI, risulterebbe evidente tanto nella traduzione in italiano del testo originale della direttiva, quanto per l'omissione nel recepimento di una serie di disposizioni che riguardano doveri e responsabilità dei titolari dei diritti.

"Un esempio di uso strumentale degli errori di traduzione - spiega ALCEI in una nota diffusa nelle scorse ore - è la trasposizione dell'art. 6 della direttiva, che fissa le condizioni alle quali il giudice può concedere un provvedimento di urgenza in caso di violazioni. L'articolo in questione è intitolato nel testo portoghese prova, nel testo spagnolo pruebas, nel testo francesce preuves, nel testo tedesco beweise, e nel testo italiano elementi di prova. Ma il legislatore italiano ha preferito affidarsi al solo testo inglese che usa la parola evidence (che quando è definita circumstantial può essere intesa come indizio) per inserire nel testo del decreto legislativo il significato sbagliato. Così facendo è possibile ottenere provvedimenti di urgenza senza dover fornire troppe spiegazioni. C'è infatti una differenza sostanziale tra indizi e prove.

Ma la parte indubbiamente più preoccupante del recepimento per il futuro della rete italiana è quella che prende di mira gli intermediari, così considerati tutti coloro che, come accennato, prestano servizi a chi viola la proprietà intellettuale. Non solo quindi, ad esempio, un corriere espresso che trasporta merce contraffatta spedita da un proprio cliente ma anche, spiega ALCEI, un provider attraverso la cui rete vengano commessi degli illeciti. Un provvedimento che mette gli ISP in una situazione del tutto scomoda: per evitare pesanti sanzioni dovranno agire. Il problema è capire come, una questione su cui già nelle prossime ore le associazioni degli ISP italiani intendono intervenire. A Punto Informatico più di un operatore ha espresso vivissima preoccupazione per il futuro stesso della propria attività.

"Sarebbe stato necessario - sottolinea l'associazione – come peraltro si accenna nella direttiva, specificare che la norma si applica solo a chi volontariamente e consapevolmente mette a disposizione servizi internet per fini illeciti".

Che il tutto sia un parto frettoloso e forse voluto dai "soliti noti", come li definisce ALCEI, sembra dimostrato dal fatto che si tenti di utilizzare le normative sul diritto d'autore per regolamentare Internet. Soprattutto, lo si fa quando proprio la direttiva Frattini dichiara espressamente che non sono comprese nella direttiva né le questioni sul software né quelle sul diritto d'autore nella Società dell'informazione.

Siamo dunque, spiegano coloro che stanno esaminando ora il provvedimento, dinanzi ad un nuovo "recepimento all'italiana", tanto più che la direttiva rimanda per le questioni relative alle nuove tecnologie ad un'altra direttiva, già recepita in Italia (decreto legislativo 68/03). Non solo, un altro decreto legislativo, il 70/2003, che recepisce un'ulteriore direttiva, già si occupa delle responsabilità dei provider.

Di interesse anche il fatto che nel testo italiano sia letteralmente scomparsa la parte della direttiva che consentiva a chi subiva ingiustamente un'azione dei titolari dei diritti di rivalersi e di chiedere i danni.

"È inevitabile il sospetto - conclude ALCEI - che tutte queste manipolazioni siano intese a favorire con poco comprensibile fretta ristretti e specifici interessi privati a danno continuo e sistematico di tutti i cittadini e delle imprese che tengono in piedi l'internet italiana. Si predica tanto su innovazione e sulla società dell'informazione, ma poi sono queste – ancora una volta - le assurde costrizioni che vengono imposte".


Fonte PuntoInformatico

3 Comments:

At 18/2/06 2:35 pm, Blogger Black Paul said...

Guardavo giusto ieri sera un programma tv nel quale si discuteva sullo sviluppo di Internet in Italia: dal 2000 ad ogi gli utenti, privati, di questo mezzo sono aumentati del 48% passando da un 18% del 2000 appunto,ad un 66% del 2005.. ci dobbiamo involvere ancora?!L'italia, dopo l'esame di alcuni organi europei, è entrata a far parte di un ristretto gruppo di nazioni, e non so come abbia fato, dette "tecnologizzate".. se così è, perchè si deve sempre porre dei lmiti, a volte non ragionevoli?

 
At 20/2/06 11:16 pm, Blogger Union-Jack said...

non capisco, non ve lo aspettavate ?
prima o poi ci arriveremo.

è ovvio che gli internet provider siano tra l'incudine e il martello: da una parte se non permettono agli utenti di SCARICARE (perche' il nocciolo è tutto li) questi ultimi vanno ad abbonarsi da un'altra parte; dall'altra si beccano il cazziatone dalle case discografiche ecc ecc perche' favoriscono la diffusione di materiale protetto da copyright.

Sempre su Punto informatico ci sono le lamentele di alcuni utenti di Libero: in pratica si tratta di prove fatte in centrale per bloccare le porte necessarie per scaricare.
ovviamente nessun provider vuole essere il primo ad essere tacciato di oscurantismo.

Qualcuno ha anche osato dire che i programmi peer to peer servono a scambiare...aspetta che rileggo....programmini gratuiti e file personali....ma per piacere...!!! siamo sinceri.

i provider sono tutelati perche' nel contratto che gli utenti hanno firmato non è esplicitamente o implicitamente scritto che io debba riuscire a scaricare.....ovviamente se mi abbono, dopo 2 mesi il mio servizio cambia e sono costretto ea restare cliente fino alla fine del contratto se non voglio incappare in penali...bhe questo mi starebbe un po' sui m@roni.

MA se da domani TUTTI i provider dicessero: ragazzi, la pacchia è finita perche' per legge non possiamo permetterci anche solo di dare la possibilita'/mezzo di fare circolare materiale illegale....
sarebbe censura ? limitazione della propria libertà ? forse NO.

il fatto che sia stato permesso non ci da certo il diritto di darlo per scontato (ma ve lo ricordate NAPSTER???)

io la vedo cosi'.

PS se volete passare le foto delle vacanze ad un amico, non c'e' bisogno di emule, edonkey e combriccola

 
At 21/2/06 11:34 am, Blogger Babba said...

Da quel che so in Francia è legale, le limitazioni sono a scopo di lucro e non di profitto....notata la sottile differenza????
A sem propri in Italia (come si dice nel Modenese)

 

Post a Comment

<< Home