16 anni di Wolrd Wide Web.... e altre amenità!
Polemica a parte, mi viene da sorridere perchè anch'io volevo citare, come Mantellini, il post di Paolo.... quindi eccolo:
13 novembre 1990, ore 15:17:00 GMT. Sedici anni fa. Questa è la data di ultima modifica della più vecchia pagina Web di Internet ancora esistente, che vedete qui accanto in tutto il suo spartano splendore e potete visitare qui. L'indirizzo non è più quello originale, ma il contenuto è invariato.
La pagina in questione fa parte di quelle realizzate sul primissimo server Web, nxoc01.cern.ch, successivamente ribattezzato info.cern.ch, che ospitò anche la prima pagina Web in assoluto, il cui indirizzo originale era http://nxoc01.cern.ch/hypertext/WWW/TheProject.html. Oggi la potete contemplare qui in una versione leggermente modificata.
E a proposito di primissimo server Web, eccone qui accanto una foto: un computer NeXTcube, 8 mega di RAM, 256 mega di disco magneto-ottico, processore a 25 MHz. No, non sono errori di battitura. Confrontate queste specifiche con quelle del vostro attuale computer e chiedetevi perché diavolo continua ad essere lento.
Fra l'altro, la foto non mostra un computer NeXTcube, ma proprio l'esemplare sul quale girarono quelle prime pagine Web: è il computer appartenuto a Tim Berners-Lee e Robert Caillau, i due padri del Web. Quella macchina è la madre. E il papà di NeXTcube è un certo Steve Jobs. Il sistema operativo delle macchine NeXT gettò le basi per Mac OS X.
Il fatto che quell'antica pagina web sia ancora leggibile dai browser e dai computer di oggi nonostante siano passati sedici anni (un'eternità in informatica: nel 1990, se ricordate, furono introdotti i telefonini ETACS in Italia e fu presentato Windows 3.0) è un tributo eccezionale a due concetti spesso trascurati della tecnologia.
Il primo è che gli standard aperti e gratuiti generano ricchezza: fu la scelta di Berners-Lee e Caillau di pubblicare le specifiche, non chiedere royalty e concedere a tutti il libero uso dei loro standard di definizione delle pagine HTML a permettere la rapidissima adozione e diffusione del Web. Chi aveva tentato altre strade "chiuse" per le reti telematiche aveva creato tanti giardini cintati fra loro incompatibili, come Prodigy, Genie, Compuserve e tanti altri nomi che ormai sono stati dimenticati. Internet, invece, resta, e si è dimostrata un volano economico infinitamente più potente di tutti quei costosi giocattoli basati su "standard" inventati a capocchia da ciascuna azienda apposta per non essere compatibili con la concorrenza e fidelizzare a forza il cliente.
Il secondo è che i formati aperti e gratuiti restano leggibili; quelli proprietari no. Provate ad aprire, con i programmi di oggi, un documento scritto sedici anni fa con un programma di grafica o di elaborazione testi: potreste avere seri problemi, se avete usato per quel documento un formato che (come è probabile) non è più supportato dal software attualmente in circolazione. Quella pagina web di sedici anni fa, invece, è perfettamente leggibile. Come faranno gli storici del futuro a capirci, se tutto quello che lasciamo loro in eredità è un'accozzaglia indecifrabile di bit?
[internet]
2 Comments:
Purtroppo viviamo in un paese di furbi e di ca..oni. Non pare che il TGCOM faccia eccezione.
Per il resto, è un eterno dibattito quello tra i divulgatori (quelli che oggi sono i sostenitori delle tecnologie aperte) ed i settari (quelli che oggi sono i sostenitori delle tecnologie proprietarie).
E' vero che entrambe le teorie hanno aspetti favorevoli e sfavorevoli.
Però, è chiaro che la gestione della complessità richiesta nel sistema produttivo attuale IMPONE l'utilizzo di tecnologie aperte.
La questione economica, così come l'affronta Paolo Attivissimo, appare un po' superficiale, ma anche io sostengo che solo le tecnologie aperte possano garantire sviluppo economico in futuro. Le idee in gioco, ormai, sono di una complessità tale che si difendono da sole, senza bisogno di particolari copyright che di fatto ne impediscono solo la diffusione. In ambito informatico, disporre di un codice (pseudo)funzionante che svolge un determinato compito, ma che non si è in grado di comprendere appieno rappresenta solo una ricchezza effimera.
La vera ricchezza di oggi non è la conoscenza dei protocolli, ma la capacità di produrre delle idee innovative (vogliamo parlare di ricerca?) e la disponibilità degli strumenti (intellettuali ed economici) per gestirle, capirle e dominarle.
CAvolo già 16 anni.. volati tra un bit e un byte.. le "sorgenti aperte" rendono più fruibile il sapere.. a tutti i livelli. Con i dovuti distinguo si può immaginare un mondo in cui ognuno parla una lingua diversa e nessuno sa la lingua degli altri?!
Bello questo post..
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