Tuesday, February 21, 2006

E' morto Coscioni, leader radicale tra malattia e politica

Ieri è morto Luca Coscioni, Presidente dei Radicali Italiani e dell'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica. A 33 anni, mentre si preparava per la maratona di NY, gli è stata diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica. Una condanna all'immobilità completa. Scrisse poi, Luca: Era come se fossi morto. Il deserto era entrato dentro di me, il mio cuore si è fatto sabbia e credevo che il mio viaggio fosse finito. Scelse invece di farsi militante politico. Ecco, di seguito, il suo intervento alla prima riunione Congresso Mondiale per la Libertà di Ricerca Scientifica (febbraio 2006).

Questo primo incontro del Congresso Mondiale per la libertà di ricerca scientifica, si colloca in un momento particolarmente difficile della mia esistenza.
Non che non ce ne siano stati altri, in passato di meno crudeli.

Ma la coscienza del tempo della vita, della sua libertà, della dignità umana e del limite oltre il quale non andare, producono pensieri e sentimenti inaccettabili ed inaccessibili.
La sclerosi laterale amiotrofica non limita le facoltà dell'intelletto, rende lucida la coscienza di sentire la disperazione e la paura del tempo della vita.
Tempo che si restringe violentemente e che mi costringe a porre l'urgenza, del prezzo che milioni di persone in tutto il mondo stanno pagando e dovranno pagare, per una cultura di potere, di cl
asse, e non solo politica, impregnata di dogmi e pregiudizi antiscientifici, che tagliano fuori il sapere scientifico, che tagliano fuori le libertà personali di disporre della conoscenza.
La partita in gioco è troppo alta per lasciar passare del tempo, altro tempo.

Il tempo nel quale ciascuno di noi, e mi rivolgo in particolar modo a quella parte di comunità scientifica presente a questo appuntamento, che come strumento di scienza, può divenire lo strumento di azione e di diritto a livello nazionale ed internazionale, a servizio del valore e dei contenuti della vita democratica.
Si perché è proprio la democrazia, ad essere messa in discussione, quando l'acquisizione del sape
re, risorsa inesauribile per la sopravvivenza dell'umanità, come luogo di discussione e di libertà su temi che riguardano direttamente la vita, la morte, la salute, la qualità della vita degli individui, é negata ad essa.
Le scelte politiche che non si avvedono di questo rischio, riducono il significato stesso della politica e questa ultima diviene semplicemente e tragicamente partitocrazia.
Per me, per l'Associazione che porta il mio nome, invece, la politica, nel bene o nel male, è v
ita o morte, civiltà o violenza.
Alla violenza di questo cinico proibizionismo sulla ricerca scientifica, sui diritti fondamentali d
ei cittadini, ho risposto con il mio corpo che molti, forse, avrebbero voluto ridurre ad una prigionia senza speranza, e rispondo oggi, con la mia sete d'aria, perché è il respiro a mancarmi, che è la mia sete di verità, la mia sete di libertà. Buon Congresso, ho concluso.

2 Comments:

At 24/2/06 10:05 am, Blogger Union-Jack said...

Magari vi sembrera' strano e paradossale (noi in lab la ALS la studiamo) visto il mio lavoro ma non posso fare a meno di quotare queste 2 righe:"Non è democrazia tentare di sollevare la gente comune facendo leva sulle paure più viscerali e sulla commozione".
D'altra parte vi posso garantire che la ricerca non si ferma ne' il sabato ne' la domenica.

 
At 24/2/06 5:13 pm, Blogger Buridone said...

Personalmente non sono per la scienza al di sopra di tutto nè per le cure ad ogni costo (molto meglio l'eutanasia) nè tantomeno per l'immortalità - come già detto in altre occasioni -. La fine è certa per tutti, semplicemente ignoriamo il quando e il come. MA: la nostra società, intrisa di cultura cristiana e cattolica, ha maturato uno strano e perverso rapporto con il DOLORE e la SOFFERENZA, ritenendoli erroneamente utili , addirittura indispensabili ("il dolore fa parte della vita") per il raggiungimento di una maggiore coscienza di sè e del senso della vita, in vista, evidentemente, di un fine superiore e in attesa di una eternità migliore e preferibile alla vita terrena. Io sto nel mezzo tra gli estremi del cattolicesimo più intransigente da un lato e l'ateismo che nega alcunchè di superiore dall'altro, e non mi permetto di giudicare con sufficienza nessuna posizione.
Ma vorrei che ci soffermassimo su questo dato di fatto, che sarebbe il caso di accettare come tale: LA SOFFERENZA NON SERVE. E' FINE A SE STESSA. NON AIUTA A CRESCERE O A ESSERE MIGLIORI.
Negli ultimi anni della mia vita ho visto soffrire, e tanto, persone care e non ho mai intravisto nessun fine escatologico nella loro sofferenza. E' per loro che dico quanto sto per dire, non per me e i miei novant'anni senza rughe e senza acciacchi. Alcune di loro hanno sofferto e poi se ne sono andate. Altre hanno appena incominciato un lento declino fatto di privazioni di cui sono consapevoli e che non sarà riscattato in nessun modo, nè in questa vita nè in quella futura, se esiste (e aiuta tutti pensare che esista, ma siamo davvero così forti da preferirla a quella che abbiamo adesso, da vivere con abnegazione nell'attesa di qualcosa che non è certo mentre ORA, ADESSO E NEL PROSSIMO FUTURO ci è riservato solo dolore?).
La ricerca scientifica deve essere guidata da criteri etici di rispetto e responsabilità. Per spiegarmi, la clonazione per avere una, dieci, cento Dolly è un abominio, ma la clonazione cellulare per la cura di malattie mortali è un diritto cui i malati e i loro familiari devono poter accedere ed è un dovere per una società matura e opulenta come la nostra, anche per riscattare gli sprechi e le ingiustizie di cui è protagonista. Sono fortissimamente contraria all'orrore, ad esempio, della vivisezione ma che non mi si venga a dire che la vita (= anima) risiede in un agglomerato di cellule come le staminali. Loro, almeno, non soffrono.

 

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