Paul Newman
MILANO - "Peace", dice Paul Newman. È il suo saluto, stretta di mano forte, vera. Indossa delle all stars bianche da tennis, una felpa color panna, pantaloni beige, occhiali da lettura davanti al famoso blu degli occhi per nulla velati dal tempo e dai ricordi che fanno male. È magrissimo. Sembra fragile, un cristallo sull'orlo di spezzarsi. Eppure fa stretching mentre sale le scale dell'albergo, si allunga spingendo i palmi delle mani fino a toccare il pavimento due spanne davanti ai piedi. Non si spezza. Un atleta di 81 anni.
Dice: "Ho mal di schiena. Un tormento...". È a Milano per l'apertura del suo primo camp italiano per bambini malati. Nascerà in Toscana tra un anno, in collaborazione con la fondazione "Dynamo" del suo amico Vincenzo Manes. Newman metterà subito un milione di euro. Vorrebbe parlare solo dei suoi ragazzi, quelli che ce l'hanno fatta, quelli che sperano di salvarsi, quelli, tanti, che sono morti. Niente cinema, niente amori, niente passato.
Alla fine, però, risponderà anche sulla crisi iraniana. Attaccherà George W. Bush e la sua amministrazione ("Non mi lasceranno più rientrare"), chiederà all'Europa di fare di più per riavvicinare il vecchio mondo a un'America politicamente sperduta.
Dal cinema alla filantropia. Ha voluto cominciare una seconda vita?
"Non una seconda, forse una terza... No, la verità è che tutte le vite di un uomo si intersecano, una entra dentro l'altra. Io sono stato molto fortunato, ora cerco di mettere la mia fortuna al servizio di chi ne ha avuta meno. Mi creda, non ho fatto un grande salto né una cosa così straordinaria".
Perché ha scelto di donare i suoi soldi ai bambini e non, che so, agli anziani o alla ricerca scientifica?
"Vede, i bambini hanno più tempo davanti a loro, quindi maggiori possibilità di guarigione. Poi c'è un'altra cosa: gli adulti comprendono la malattia, i piccoli no. Si domandano di continuo: "perché io non sono uguale agli altri?". È un paragone infinito e triste. Li vedo quando arrivano nei nostri camp. Scendono dall'autobus come tanti paletti di legno. Poi, per fortuna, trasformano la lotta al male in un gioco. Nella struttura sul Giordano stanno assieme bimbi israeliani e palestinesi. Ogni volta che vado là penso quanto di buono si potrebbe fare se gli adulti riuscissero a tornare un po' bambini".
Lei dà molto. Che dono riceve in cambio?
"Quando un bambino alto ottanta centimetri mi prende la mano tra le sue e mi ringrazia per quei pochi giorni di felicità che ha trascorso mi offre il regalo più bello che mi sia mai capitato di ricevere. Mi basterebbe fosse successo una volta sola e sarei ugualmente felice".
Lei va spesso nei camp?
"Sì, soprattutto in quello che abbiamo nel Connecticut, casa mia".
Ogni volta è un'emozione?
"Sempre. Tante volte c'è qualcuno o qualcosa che mi fa piangere. Lì ogni giorno è lunghissimo, faticosissimo, ma il cerchio dei benefattori, che sono ormai 16mila, e dei volontari si allarga sempre più. Ci sono ragazzi che sono guariti, sono diventati medici e sono tornati nei camp per occuparsi di chi ha preso il loro posto".
Molti però non ce la fanno. Quanto pesano queste sconfitte?
"Non pesano. Addolorano. Noi cerchiamo di riempire la loro esistenza, per quanto breve possa essere, come se fosse una vita intera. C'è stata una bambina che dalla California voleva tornare a ogni costo per la seconda volta in Connecticut. Non poteva più viaggiare in aereo, l'abbiamo portata con un autobus. È morta nel viaggio di ritorno, in Texas, ma è stata un'ultima volta felice".
...
Che cosa rimpiange della sua vita di attore?
"Nulla. Eccola qui la mia vita d'attore: sono io, Paul Newman. Sono troppo vecchio per ottenere parti importanti nei film. Ora ho un altro lavoro. Questo. E mi piace".
Che cosa vorrebbe ancora fare?
"Non so. Non mi occupo del business di desideri".
...
L'intervista completa, dove PN risponde anche a domande di attualità la trovate su Repubblica, seguite il link del titolo. Non perdetela....
3 Comments:
...mi commento da solo:
CHE PERSONAGGIO STUPEFACENTE!
Ancora:
la lunga estate calda
il sipario strappato
l'inferno di cristallo
il colore dei soldi
Butch cassidy
era mio padre
.....
felicissimo di aver aperto un filone.
tornando a Paul mi viene in mente solo una parola per descriverlo....UN SIGNORE !
un uomo con le mani in....salsa !
UJ
uno splendido vecchio.
l'uomo più bello del cinema (tutt'ora, insuperato), brad pitt gli fa 'na pippa.
per di più da sempre sposato con la stessa donna.
un grande.
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