Monday, January 29, 2007

Henri Cartier-Bresson: di chi si tratta?

«Le fotografie possono raggiungere l'eternità attraverso il momento.»

L’ampia retrospettiva «Henri Cartier Bresson - Di chi si tratta?», prodotta dalla Fondation Henri Cartier Bresson e inaugurata a novembre al Centro Forma (Centro Internazionale di Fotografia) rappresenta un evento irrinunciabile e prezioso, con pochi e pensati appuntamenti internazionali. Parigi, Amsterdam, Berlino e Londra sono le uniche città dove questa mostra ha fatto tappa in Europa e ora arriva a Milano.

I reportage di Cartier Bresson per l’agenzia Magnum partono dalla città proibita di Pechino all’Unione Sovietica, passando per gli ultimi attimi della Seconda Guerra mondiale. Il Messico degli anni ‘60 e l’India di Gandhi. Fino ai cortili di Roma, la Spagna della guerra civile, l’America disperata della Grande Depressione. Si cammina tra immagini così celebri da essere entrate nell’immaginario collettivo, diventando microstorie in bianco e nero. Sono pigre domeniche di Parigi, con le famiglie sedute in riva alla Senna. E’ la solitudine struggente e perfetta della metropoli, quella di un uomo e di un gatto seduti in un vicolo di New York. E sono le strade acciottolate del centro Italia, dove le donne di una volta, vestite di nero, portano sulla testa vassoi di biscotti. Cartier Bresson amava dire che il fotografo deve cercare l’istante decisivo, quello che da solo sa raccontare il gesto minimo e la grande storia. Ed è sempre l’uomo, al centro della sua fotografia. Nei celebri ritratti di Faulkner e Sartre, ad esempio. E nelle foto degli Stati Uniti, dove si può morire soli su un marciapiede, alle spalle della sacra finanza di Wall Street.

La mostra presenta anche il volto privato di Cartier Bresson, «al di là del mito che gli si è costruito intorno» secondo Robert Delpire, curatore dell’esposizione. Ritratti da bambino, da prigioniero in Germania durante la seconda guerra mondiale, fino ai momenti più intimi e recenti.

Carlos Fuentes vedeva le sue immagini come unica alternativa «alla morte, alla religione, all’indifferenza e alla paura. Un’altra scelta che permette all’uomo di non chinare il capo e di non scansarsi senza mostrare il viso.»

"Matisse - 1944"

Il primo pensiero che scaturisce osservando le stampe originali nella prima sala del Forma nasce dalla sorpresa nello scorgere le date degli scatti, anni '30... anni '4o ... si sussegueno meravigliando per l'attualità che trasmettono. Scatti senza tempo dove i personaggi sembrano attori perfetti che interpretano il secolo scorso immortalati per sempre dal maestro del '900.

Henri Cartier-Bresson è stato definito l'occhio del secolo e, effettivamente, nessuno come lui ha saputo condensare nella sua vita e negli anni di intensa attività fotografica e artistica, un'osservazione sempre puntuale e profonda, attenta e originale, sul mondo intorno a sè, i protagonisti, gli avvenimenti principali ma anche i piccoli, apparentemente insignificanti ma densi di vita, attimi decisivi che lui 'e solo lui' riusciva a cogliere con la sua macchina fotografica quando, come affermava, si riesce a mettere sulla stessa linea di mira il cuore, la mente e l'occhio.

For me the camera is a sketch book, an instrument of intuition and spontaneity, the master of the instant which, in visual terms, questions and decides simultaneously. In order to “give a meaning” to the world, one has to feel involved in what one frames through the viewfinder. This attitude requires concentration, discipline of mind, sensitivity, and a sense of geometry. It is by economy of means that one arrives at simplicity of expression.

To take a photograph is to hold one’s breath when all faculties converge in a face of fleeing reality. It is at that moment that mastering an image becomes a great physical and intellectual joy.

To take a photograph means to recognize – simultaneously and within a fraction of a second– both the fact itself and the rigorous organisation of visually perceived forms that give it meaning.

It is putting one’s head, one’s eye, and one’s heart on the same axis.


3 Comments:

At 6/2/07 10:57 pm, Blogger Union-Jack said...

bhe allora vado, è a 5 minuti dalla universita'.

poi vi dico

UJ

 
At 7/2/07 8:39 pm, Blogger StarPitti said...

molto interessante lo spazio espositivo del Forma. Bresson poi è uno degli artisti + apprezzati del 900. Merita in tutti i sensi.

 
At 8/2/07 12:32 pm, Blogger Black Paul said...

Della frase quotata alla fine del post ne rubai un pezzettino per descrivere la sensazione che da, a me, uno scatto ben riuscito.. dove, in quel momento, tutto è su un unico, strettissmo binario...

"mostri sacri" a parte, anche la visita alla galleria ModenArte è stata veramente interessante (e ispirante). In quel caso si trattava di Steve McCurry, uno dei massimi fotografi del National Geographic. Peccato che certe iniziative non siano abbondanti e frequenti nella nostra bell'Italia.

 

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