Mercoledì 16 aprile: Mark Knopfler al PALABAM di Mantova
Il lupo perde il pelo ma non il vizio, meno male!
Premesso che la sola tripletta conclusiva, composta da Brothers in Arms, So far Away e Going Home (quest'ultima la mia canzone di sempre), valeva da sola il prezzo del biglietto, tutto il resto “è grasso che cola”. La scaletta conteneva in tutto 18 pezzi, molti dei quali riarrangiati e tra cui spiccavano Sailing to Philadelphia, Cannibals, What it is, True Love Will Never Fade, Why Aye Man, Romeo and Juliet (quasi dovuta....Verona non è poi così lontana), Sultans of Swing e Telegraph Road, quest’ultima suonata ai livelli magistrali di Alchemy, che non è certo poco.
Di sicuro, un occhio di riguardo alla qualità a scapito della quantità: ma la mancanza di “classici” quali Money for Nothing e Walk of life è, a mio avviso, quasi passata in secondo piano.
Gli estetismi di tutta la band, tra cui spiccavano due veterani dei bei tempi che furono (il batterista Danny Cummings e il poliedrico Guy Fletcher) hanno fatto da solida base per le sonorità di Knopfler, capace di regalare come al solito un sound preciso e pulito. Ha cominciato alle 21 spaccate, tradendo l'impazienza di un ragazzino e regalando quasi 2 ore non-stop di poesia.
Impressionanti le performance al violino di John McCusker, un mostro più che un musicista.
Due le chicche degne di nota: prima dell’inizio del concerto, la fender biancorossa faceva bella mostra sul palco, illuminata da una luce quasi eterea: la serata cominciava sotto i migliori auspici. Infatti, verso la fine del concerto, il supporto circolare delle luci si solleva e si inclina, passando da orizzontale a verticale (un pò in stile Pink Floyd a dire il vero) e rivelando il motivo centrale della metallica e sempiterna National Style O, la scenografia perfetta su cui proiettare colorati giochi di luce, mentre Mark Knopfler si divertiva ad abbagliare il pubblico utilizzando la chitarra come uno specchio.